Medicina di Genere e appropriatezza della cura: convegno del Consorzio Colibrì il 22 aprile a Bologna
5 Aprile 2024Cosa si intende per Medicina di genere? A che punto siamo in Italia e in Emilia-Romagna? Quali sfide ci attendono in futuro per una migliore sanità?
Quesiti importanti e complessi al centro del convegno “Medicina di genere e appropriatezza della cura” promosso e organizzato dal Consorzio Colibrì lunedì 22 aprile nella sala formazione del Presidio ospedaliero accreditato di Villa Bellombra.
L’incontro, patrocinato da Istituto Superiore di Sanità, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Azienda USL di Bologna, IRCCS Policlinico del Sant’Orsola Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna, Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, ha inteso sensibilizzare il personale sanitario e alimentare la consapevolezza di tutti i professionisti della cura circa la necessità di un approccio alla malattia diversificato e basato sul genere.
In questo senso, il Consorzio Colibrì rappresenta un promotore attivo della Medicina di Genere.
A fare gli onori di casa è stata la presidente del Consorzio Colibrì Ing. Claudia Sabatini con al fianco il direttore strategico del Consorzio dott. Giuliano Barigazzi che ha coordinato i lavori. A portare i saluti istituzionali è stata la direttrice generale di Confindustria Emilia Area Centro dott.ssa Tiziana Ferrari che ha posto l’accento sul primato del nostro territorio relativamente a temi difficili e complessi come la Medicina di genere.
Queste le sue parole: “La punta di diamante per la nostra regione rimane la stretta collaborazione tra privato e pubblico e proprio in questa struttura, Villa Bellombra, vale il metodo qualitativo di fare impresa”.
A seguire i saluti del Direttore Generale dell’Azienda USL di Bologna, dott. Paolo Bordon che nel suo intervento ha dichiarato:
“Le difficoltà di tradurre il concetto di appropriatezza della cura in ottica di genere in modelli organizzati stabili mirati appunto a principi di equità e uguaglianza. Iniziative come questa sono di grande importanza poiché non solo hanno l’obiettivo di sensibilizzare ma anche di raccogliere riflessioni e di costruire nuove sintesi grazie al confronto tra autorevoli professionisti del settore”
Dopo i saluti del Direttore scientifico dell’IRCCS Sant’Orsola dott. Marco Seri, ha aperto la prima parte dei lavori la Direttrice del centro di riferimento Medicina di Genere Istituto Superiore di Sanità (ISS), dottoressa Elena Ortona che ha spiegato il concetto di “Medicina di genere” offrendo una panoramica delle normative presenti in Italia a supporto di questa vera “rivoluzione” sanitaria.
Si tratta di un approccio alla pratica medica che tiene conto delle differenze biologiche, psicologiche, sociali e culturali tra uomini e donne, riconoscendo che tali differenze possono influenzare lo stato di salute e di malattia di ogni persona.
Storicamente la ricerca e le prassi cliniche hanno trascurato le differenze di genere, portando alla concretizzazione di trattamenti non ottimizzati per le donne. Questa lacuna ha alimentato, così, la necessità di introdurre la Medicina di genere come una sorta di “rivoluzione” nell’ambito sanitario, come ha spiegato la dott.ssa Ortona:
“Il fine ultimo della corretta applicazione di un approccio medico in ottica di diversità di genere è quello di assicurare la migliore cura ad ogni individuo rafforzando soprattutto il concetto di centralità del paziente. La Medicina di genere deve diventare pertanto l’obiettivo strategico della sanità pubblica”.
In Italia, l’approvazione della Legge 3/2018 e la creazione di un Osservatorio dedicato presso l’Istituto Superiore di Sanità rappresentano comunque passi significativi verso il riconoscimento e l’integrazione della Medicina di genere nel sistema sanitario nazionale. Questi progressi sottolineano l’importanza di un cambiamento culturale che pone la persona al centro del percorso di cura, garantendo a tutti l’accesso a trattamenti adeguati, a prescindere da sesso, genere, condizioni socioeconomiche e culturali.
In questo contesto risulta fondamentale anche il linguaggio utilizzato nella relazione medico – paziente volto a valorizzare l’inclusione e le specificità di ogni soggetto.
Con questo evento scientifico e al contempo divulgativo, il Consorzio Colibrì, intende essere un promotore attivo della Medicina di genere a livello regionale e nazionale. Non è escluso infatti che ulteriori iniziative tematiche possano essere programmate e realizzate insieme agli stakeholders e rivolte a tutta la cittadinanza.
Differenze biologiche tra uomo e donna: necessarie le cure appropriate
“Non esiste qualcosa che non sia differente tra uomo e donna”. Comincia con così l’intervento della dott.ssa Flavia Franconi coordinatrice della piattaforma di Medicina di Genere e Farmacologia di Genere – Consorzio interuniversitario biostrutture e biosistemi.
In particolare, la studiosa ha richiamato l’attenzione sull’aspetto ambientale e sociale da cui proviene il paziente e in base al quale il metodo di cura dovrebbe di conseguenza differenziarsi:
“La nostra vita e le nostre esperienze incidono sensibilmente sullo stato fisico del nostro corpo. La Medicina di genere, infatti, diviene così una specie di “catalizzatore” per il nostro vissuto. Per questa ragione le condizioni sociali del paziente cambiano il modo in cui i medici e professionisti sanitari devono approcciarsi alla salute e alle cure. Viviamo in un mondo progettato, anche da un punto di vista farmacologico, sui soggetti di sesso maschile. Perfino i device medici sono costruiti in base alla fisionomia del corpo maschile”.
Alla tavola rotonda promossa dal Consorzio Colibrì ha preso parte anche la dott.ssa Amelia Ceci Sociologa, referente della Medicina di genere per l’IRCCS/Ausl di Reggio Emilia. La stessa ha sottolineato come un nuovo approccio basato sulle differenze di genere possa rappresentare un’opportunità fondamentale per tutti i professionisti della salute. Il tema, infatti, porta con sé la questione dell’appropriatezza clinica e la necessità di integrare nella ricerca il concetto, seppur molto complesso, di intersezionalità.
In questo contesto è bene ripensare ad una Medicina di genere che non si limiti esclusivamente allo studio della distinzione biologica tra uomini e donne, ma comprenda anche le differenze di genere nel senso più ampio, includendo le minoranze intersessuali, le persone transgender e coloro che non si identificano nel binarismo di genere. Questo approccio allarga la prospettiva di cura, tenendo conto delle diverse realtà sociali, culturali, economiche e ambientali che influenzano lo stato di salute. La Medicina di genere, quindi, si propone come una “Medicina delle differenze“, finalizzata a migliorare l’appropriatezza e l’equità degli interventi sanitari.
Ed è qui che può giocare un ruolo cruciale nell’ottimizzazione della cura il sentimento di empatia e una corretta comunicazione tra medico e paziente. Tuttavia, è importante essere consapevoli dei pregiudizi impliciti che possono influenzare l’assistenza sanitaria, portando a diagnosi e trattamenti di scarsa qualità. “Tutti possono formarsi” conclude, così la dott.ssa Ceci:
“La formazione e l’ampliamento delle proprie conoscenze e competenze diventano lo strumento chiave ed essenziale per imparare ad essere più inclusivi ed empatici rispetto alla pratica medica”.
Medicina di Genere, lo stato dell’arte in Emilia-Romagna: servizio di TRC Bologna
Testimonianze e casi pratici: seconda parte del convegno
Nella seconda parte del dibattito hanno preso parte altri autorevoli professionisti del campo sanitario portando in sala testimonianze dirette del loro operato nel territorio bolognese e regionale emiliano-romagnolo.
Il dottor Gianni Casella, Direttore medico cardiologo presso l’UOC di Cardiologia Ospedale Maggiore di Bologna ha analizzato le differenze sintomatologiche tra uomini e donne nelle malattie coronariche dando rilievo alla necessità di “formare” i pazienti dopo un evento traumatico come un infarto. La regione ha, pertanto, implementato incontri educativi nel Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) del post-infarto per indirizzare meglio i pazienti ad un corretto stile di vita fornendo valutazioni che considerano anche le specificità biologiche dell’uomo e della donna.
A fare seguito, è stato l’intervento del medico e neurologo Roberto Casale che ha offerto un contributo sul delicato tema del dolore durante la riabilitazione, evidenziando le differenze sostanziali tra uomo e donna. Le donne presentano una maggiore prevalenza di dolore cronico rispetto agli uomini: è proprio nel momento del processo riabilitativo che risulta essenziale prendere in considerazione il sesso del paziente e le sue condizioni socioculturali.
Il dott. Casale ha concluso la sua presentazione con una riflessione “amara”: “Persiste una mancanza di opzioni farmacologiche specifiche per il trattamento del dolore cronico femminile”.
A concludere la lunga mattinata di lavori è stato il Dirigente Medico Reumatologo dell’Ospedale Maggiore di Bologna, il dott. Mirco Magnani. Il focus del suo intervento sono state le differenze di genere nelle malattie reumatologiche con un accenno all’importanza dell’ascolto e dell’empatia nei confronti dei pazienti affetti da patologie autoimmuni. Le differenze di genere impongono un approccio terapeutico diverso, e, ad esempio, i modelli organizzativi delle Case di Comunità, presidi sanitari territoriali che offrono una gamma di servizi sanitari, sociosanitari e sociali, possono rappresentare un’occasione di avvicinamento tra i professionisti e i pazienti.
Le politiche per la salute del territorio devono continuare a prendere spunto dalle esperienze concrete dei professionisti, cercando di proporre riforme che rispettino i cambiamenti socioculturali del nostro tempo. È fondamentale adattarsi alle nuove esigenze della società e garantire un sistema sanitario capace di rispondere in modo efficace alle sfide attuali.